Ciao Leonardo
prima di cominciare a leggere il
romanzo di Francis Scott Fitzgerald m’immaginavo Gatsby come l’ombelico del
mondo, un uomo che facesse girare il destino a proprio piacimento, con una
personalità superiore alla media, insomma… un uomo che non si sarebbe mai fatto
ferire da una donna, dalla cattiveria o più semplicemente dalla realtà.
Invece, man mano che le parole mi
scorrevano davanti agli occhi scoprivo in Gatsby un’ingenuità quasi
infantile, avevo davanti a me un uomo fragile, circondato da un
deserto di solitudine nonostante le centinaia di persone
che frequentavano la sua meravigliosa villa, indifeso di fronte alle
ondate della vita ma incosciente di tutto ciò perché nulla importava se non la
realizzazione del proprio sogno.
Ecco l’unica grandezza che percepivo
in Jay Gatsby: la sua ostinata e quasi commovente fermezza nel voler
raggiungere il proprio scopo, il proprio sogno che aveva un nome solo:
Daisy.
Daisy, che non meritava
nulla di quel meraviglioso castello di utopie che Gatsby, per 5 lunghi anni, le
aveva costruito attorno. Daisy che, nella scena madre dell’incontro a 3 con lo
stesso Gatsby e Tom Buchanan (il marito di lei), mi ha ricordato Sara Tommasi
nei suoi peggiori stati confusionali.
Più
volte Gatsby mi ha ricordato lo sguardo triste dello Sean Penn di “This must be
the place”: lo sbaglio che spesso si fa nel giudicare chi ha raggiunto una
certa fama, è quello di idealizzarlo come una persona immune alla quotidianità,
quasi invincibile, ma una volta conosciuto meglio si entra in una palude
d’insicurezze e di complessi che a primo acchito sorprendono perché stridono
con l’immagine che gli si era disegnato addosso.
Credo
che Nick Carraway abbia potuto provare le mie stesse sensazioni nel conoscere
l'intimo di Gatsby.
Oh
Leo, che grande errore ha commesso Gatsby!
Gatsby
il grande illuso, pazzo d’amore, una follia vana, architetto di realtà
inesistenti:
l'amore
di Daisy per lui.
Gatsby
che rincorre l’inutile speranza di ricucire alla perfezione un passato lontano
a un presente che di quel passato ha solo una lontana eco.
“Il
tempo, il tempo chi me lo rende? Chi mi dà indietro quelle stagioni”
cantava il Grande Francesco Guccini in quella splendida poesia che è “Lettera”,
e quelle stagioni non torneranno mai più, la storia d'amore di un tempo resterà
per sempre un ricordo, per di più sfregiato dallo sguardo prima confuso e poi
indifferente e stolto di Daisy.
C’è qualcosa di romantico, disperato e tragico in
Gatsby che da povero e di umili origioni diventa il Grande Gatsby, un uomo
scaltro negli affari (più o meno loschi) e ricchissimo, solo per rincorrere
un’illusione; un uomo che diventa l’ombelico mondano di West Egg solo per amore
di una donna che lui e solo lui crede ancora legata al loro fugace amore
vecchio di un lustro, un'eternità per la vorace fame di essere amata di cui
Daisy è succube.
…insomma
Leo, in Italia abbiamo un modo molto terra terra e volgare per riassumere tutto
questo in una solo frase ma che rende l'idea alla perfezione:
“Tira
più un pelo di fXXa* che un carro di buoi” (A hair of pussy pulls more than an
oxcart)
…
e pensa… su queste popolane parole quel genio della letteratura che è
stato Fitzgerald ci ha scritto su un capolavoro immortale… mentre tu ci hai
fatto un film che purtroppo non ho ancora avuto il piacere di vedere ma, ora
che ho letto il libro, m’incuriosisce molto.
Ti
abbraccio Leo
e
sappi che ti reputo uno degli attori migliori del mondo e non c’è bisogno di
nessun Premio Oscar per dimostrarlo.
K
*il BIP è d'obbligo in italiano, invece in inglese fa meno scandalo.
Leonardo Di Caprio nei panni di Jay Gatsby |
Tobey Meguire nei panni di Nick Carraway |
Francis Scott Fitzgerald |
L'omaggio di Woody Allen a Fitzgerald nel meraviglioso "Midnight in Paris" |
Leonardo, ecco Sara Tommasi... un giorno ti spiegherò, ma pare che ora stia un po' meglio. |
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