Una
donna nuda cammina di notte in mezzo alla provinciale che
collega Bari a Taranto. E' insanguinata, sembra allucinata. Chi è?
Perché è lì?
Lei
è Clara, bellissima, magnetica, figlia di una delle famiglie più
ricche e influenti di Bari. Clara è morta e il suo decesso verrà
fatto passare per suicidio. Come mai?
Ecco
un'altra domanda intrigante che si aggiunge alle
precedenti.
E'
l'incipit de "La Ferocia" di Nicola Lagioia che nel
2015 ha vinto il "Premio Strega"...
per
più di un quarto di libro (fino a pagina 120 circa) sembra di
leggere un'eterna introduzione, una serie infinita di presentazioni
di nuovi... che se avessi voluto leggere un libro di
racconti avrei letto... un libro di racconti, appunto!
Come
se non bastasse, finita l'introduzione, parte un interminabile
flashback d'amore fraterno fra Clara e Michele, uno dei suoi fratelli
minori, ma è subito chiaro che Michele
non sia molto stabile psicologicamente e che il rapporto con (quella
gnocca di) sua sorella Clara è morboso... quindi gran parte delle
pagine appaiono più che superflue.
Verso
la fine, però, (quando entra in scena il giornalista Danilo
Sangirardi) diventa quasi entusiasmante e il "quasi è
d'obbligo" perché poi il romanzo termina, per di più in un finale che lascia la storia sospesa.
(tipo
eiaculazione precoce dopo un esasperante corteggiamento).
Nicola
Lagioia scrive davvero bene... ma sembra una scrittura al limite dell'autocompiacimento:
ogni capitolo inizia senza specificare il protagonista, se
non un paio di decine di righe dopo,vezzo che alla lunga diventa piuttosto
irritante. (“Di chi cazzo starà parlando 'sta volta?!” ci
si chiede invece di apprezzare la lettura);
ci sono parecchie descrizioni prolisse (che forse piaceranno
molto a De Cataldo e a chi lo ha elogiato in quarta di copertina), e
che godono del nostro perdono se contenute ne "Il pendolo di
Focault" di Eco invece... Lagioia non è Eco e quindi "Sì ho capito Nicola sei molto bravo
nelle descrizioni... però taglia eh?!"
...ma
è pagina 79 (edizione Einaudi 2014 e 2016), dove Lagioia sembra dare
il meglio dell'autocompiacimento riuscendo a cambiare contesto e tempo narrativo senza che il lettore se ne accorga:
"(...)Dal
sedile di dietro il ragazzino puntava il vuoto con tanta intensità
che Pascucci ebbe paura di essere lui a non vedere qualcosa di
evidente. Sentì vibrare il telefonino. Ordinò il terzo Negroni nel
bar di via Crisanzio (…)"
queste tre righe iniziano in auto molti anni prima e finiscono nel presente narrativo, in un bar a cui, però, non si fa nessun riferimento in precedenza, così... all'improvviso!
...ma
Lagioia fa di meglio poche righe dopo, dove il tempo e lo
spazio cambiano ad ogni frase... che può essere anche
stilisticamente apprezzabile (ancor di più in una poesia) ma non
dopo che mi hai costretto a tornare a leggere le pagine precedenti per cercare un cazzo di bar col timore di non essere stato attento nella lettura (già noiosa di suo).
Vincere premi comporta delle grandi responsabilità, crea aspettative e quindi è normale attendersi un libro entusiasmante invece, non me ne voglia lo scrittore barese, a metà libro più che "Lagioia" avevo "Lanoia di leggere",
e iniziavo a pormi il dubbio che al "Premio Strega" si fossero sbagliati oppure che, "Il Premio Strega", si assegni...
un tanto al chilo!
Come ogni libro che non mi piace io consiglio di leggerlo perché, al netto delle mie critiche, qualche spunto interessante permane e soprattutto per aver un confronto e per sapere se sono stato io a non averlo capito o averlo letto nel momento sbagliato.
Buona lettura quindi
K
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