- "A me piace la pioggia prima che cada"
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“Non esiste una cosa come la
pioggia prima che cada. Deve cadere, altrimenti non è pioggia"
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“E' proprio per questo che mi
piace. Qualcosa può ben farti felice, no? Anche se non è reale"
Di solito non scelgo un libro solo dal titolo ma “La pioggia prima che cada” mi è sembrato
un motivo già sufficiente per leggere un altro romanzo di Jonathan Coe dopo
aver divorato la “serie dei brocchi”.
Poi, ogni esitazione è caduta dopo aver letto le prime tre righe della quarta di
copertina “Quello in cui aveva sperato
era un sogno, una cosa impossibile: come la pioggia prima che cada”,
abilmente scelte dagli editor della Feltrinelli.
“La pioggia prima che cada” è un’appassionante saga
familiare, una commovente storia di donne, raccontata dalla voce incisa su alcune musicassette e attraverso i ricordi impressi in 20 fotografie di
Rosamond, una donna di 73 anni che intanto è morta in pace con sé stessa, ascoltando
musica e bevendo whiskey.
I nastri sono il suo testamento spirituale che Rosamond
affida a sua nipote Gill lasciandole un
biglietto con su scritto: “Questi sono
per Imogen. Se non riesci a rintracciarla, ascoltali tu stessa”.
Ma chi è Imogen?
Solo scavando nella propria memoria Gil si ricorda di
lei, quella dolcissima bambina non vendente incontrata solo una volta più di 20 anni prima
alla festa dei 50 anni di Rosamond... e anche la stessa Rosamond non aveva sue
notizie dallo stesso periodo… ma allora perché Imogen è così importante?
La risposta si può trovare solo nel passato di Rosamond!
La risposta si può trovare solo nel passato di Rosamond!
Gill non riuscirà a trovare Imogen e quindi ascolterà le
musicassette con le figlie ventenni Cathrine ed Elizabeth.
Loro tre non sono personaggi principali del romanzo ma solo lo specchio fedele delle forti sensazioni che chi legge proverà "ascoltando" il racconto di
Rosamond...
fino all’apice della bellezza
de "la pioggia prima che cada" in cui l’anima non può fare a meno che sospirare.
Nel il titolo c’è tutta l’atmosfera di questo romanzo
perché “La pioggia prima che cade” non dipinge il cielo con i colori della felicità
ma ti lascia lì come uno scemo a sorprenderti delle tue emozioni…
…mi ha ricordato di quanta vita c’è nelle fotografie, di chi ero nel momento appena prima e di quello appena dopo quello scatto;
mi ha ricordato che il battito di farfalla di oggi può scatenare tempeste fra 20, 30, 100 anni…
perché ogni nostra azione ha la propria conseguenza che si
propaga nell’infinito ed è proprio per questo che nessuno è mai del tutto cattivo.
Ma soprattutto, fra le sue pagine c’è una delle storie d’amore più belle che io abbia mai letto, uno di quegli amori che vale da solo il prezzo del biglietto per stare a questo mondo e che sarà scolpito per sempre nella memoria dell’universo… la storia di Rosamond e Rebecca.
...e ancora adesso, mentre scrivo, sento nel petto il cuore che mi ringrazia:
“Mentre Thea dormiva, Rebecca e io ci sedemmo sul
ciglio dell'erba alta, proprio dove il prato digradava verso la spiaggia.
Sedevamo fianco a fianco, con un altro bicchiere di vino in mano, appoggiate
l'una contro l'altra. Io tenevo la testa sulla sua spalla. Il silenzio di quel
luogo era assoluto, quasi inquietante. Ti costringeva a parlare in sussurri.
Rebecca fu la prima a parlare. "Pensavo a quello che ti ha risposto Thea
prima", mormorò. "Quando ha detto che qualcosa può farti felice, anche
se non è reale." Risi e commentai: "Si, è una furbacchiona, quella
bambina". "Ma tu pensi che sia vero?" chiese Rebecca; e c'era
una strana nota d'insistenza nella sua voce. Non la capivo. "Cosa vuoi
dire?" "Voglio dire..." Rebecca esitò, come impaurita, e come se
dar voce a quella paura equivalesse in qualche modo a conferirle forma e
sostanza. "Insomma, questo non è reale, giusto? Quello che abbiamo noi
tre. Non è reale".
K
Jonathan Coe |
I luoghi de "La pioggia prima che cada"
Alvernia (Francia) |
Lo Shropshire in Inghilterra (qui e a seguire) |
Io ho iniziato a leggerlo due volte... mi piace tantissimo Coe, ma questo proprio non ce la fo.....
RispondiEliminaBenedetta
Ah certo... la tipica "Sindrome di Umberto Eco"!!!! Ma a un certo punto diventa davvero emozionante.
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